Omnicanalità, gatto di Schrödinger e ingorghi di macchine a Mumbai.

Ma voi sapete spiegarmi perchè l’omnicanalità che proviamo sulla nostra pellaccia di clienti non corrisponde quasi mai a ciò che era previsto nei powerpoint? E il fatto che per 10 ore al giorno siamo anche dall’altra parte della barricata non fa che acuire la sofferenza: davvero l’omnicanalità è destinata a far la fine del gatto di Schrödinger, eternamente viva e morta al tempo stesso? Speriamo di no.

Riccardo Zanardelli
5 min readMar 28, 2021

--

Devo ammetterlo: c’è un pensiero che mi attanaglia da un po’ di tempo, una specie di senso di colpa strisciante che aumenta ogni volta che che pronuncio la parola omnicanalità: quella che sperimentiamo oggi come clienti è davvero quella che serve, quella che volevamo? O forse è solo un cocktail slavato di sentiti dire che non andrà molto lontano?

Il mio sospetto è che non siamo noi marketer ad essere in difetto nè il cliente ad avere aspettative irraggiungibili… semplicemente il problema è che forse abbiamo tutti insieme idealizzato un po’ troppo la tecnologia.

“Dato, servo delle mie brame… chi è il più omnichannel del reame?” Eh, domandona.

In teoria è tutto facile: il cliente dice cose, il cliente fa cose, poi tutto finisce in un database (o CRM, per dirla con il dialetto più adatto) ed una serie di algoritmi più o meno artificialmente intelligenti distilla un’esperienza personalizzata che avvicina il cliente e lo trasforma in un fatturato ricorrente e crescente. Bello. Peccato però che questo sia perlopiù un sogno.

Nella maggior parte dei casi il processo di acquisizione ed uso dei dati necessari per un’esperienza omnicanale non è per niente streamlined — come direbbero i miei amici uanaghenna- ma assomiglia più ad un ingorgo di macchine a Mumbai che al…

--

--